Le prime gite del dopoguerra: vecchi tascapani di soldati, scarponi chiodati rimediati chissà dove, larghe braghe alla zuava spesso rattoppate. Partivamo con il trenino o la corriera, oppure su dei vecchi camion militari; si andava sul Baldo o sul Carega, pieni di gioia e di entusiasmo. Avevamo 15-17 anni e da poco vissuto la guerra nella città sconvolta ed affamata. Tornavamo la sera, impolverati, stanchi, con le voci roche dal tanto cantare, felici di aver provato tante nuove sensazioni raggiungendo le cime delle nostre montagne come da tempo desideravamo.
L’estate finiva troppo presto, riprendevano le scuole. Lunghi mesi dovevano passare prima della bella stagione e di nuove gite. Nelle ore libere ci si ritrovava asssieme a ricordare le nostre escursioni e fare progetti per nuove e più impegnetive ascensioni. Si parlava, si rideva e, soprattutto, si cantava: il canto ravvivava i nostri ricordi.
Così è nato in noi il desiderio di conoscere bene quelle canzoni che ci accompagnavano nei nostri primi incontri con la montagna; fare cioè, quanto stava facendo un coro già famoso, la SAT, di cui ascoltavamo con ammirazione le prime incisioni fonografiche.
Poterlo fare! Poter anche noi imparare quei canti che svelavano un altro aspetto della montagna: le tradizioni, la poesia, l’umanità delle sue genti. Ci voleva qualcuno che ci insegnasse, che ci guidasse, perché la passione era tanta, ma poca la dimestichezza con le partiture musicali.
Mario Biondani: era poco meno giovane di noi, sapeva di musica, a volte dirigeva il coro della parrocchia. Ci siamo rivolti a lui: disse di si, disse che si poteva tentare.
Scegliemmo tra gli amici le voci più adatte e….
Era l’autunno del 1946: era nato, ma non lo sapevamo ancora, il Coro Scaligero dell’Alpe.
Alberto Nicoletto